I frutti dai peccati
Agli uomini di buona volontà non riesce in nessun momento impossibile di compiere opera benefica di civiltà e d’innalzamento morale, in un modo o in un altro, in misura più o meno grande, in cerchia più o meno larga, direttamente o indirettamente, con la persuasione o con l’autorità, con quella ingegnosità di mezzi e di espedienti che la buona ed alacre volontà non manca di suggerire.
Mi sta in mente come simbolo l’aneddoto, letto in un vecchio libro, di un parroco che visse nella seconda metà del Seicento in un paesetto del Molise, Montagano. Nel quale essendo capitato, circa un secolo dopo, l’economista Giuseppe Maria Galanti, e avendo visto con meraviglia la contrada tutta coperta di alberi e di frutti della qualità più squisita, e domandando come era sorta quella rigogliosa coltivazione, seppe che quel parroco, di cui durava la memoria, Damiano Petrone, non dava altra penitenza ai peccatori che di piantar alberi, e le piantagioni erano in ragione del numero e della qualità dei peccati, e quando i peccatori si scusavano di non avere gli strumenti e gli altri mezzi necessari, egli trovava il modo di sovvenirli. Domandò altresì il Galanti se quel parroco fosse stato uomo di dottrina, e gli risposero che era ignorante, ma conosceva e osservava il Vangelo e aveva un naturale buon senso.
Ce ne sono tante da fare, in ogni luogo e in ogni tempo… Ma, per farle, è necessario che… si diffonda o si radichi, più che finora non sia accaduto, il sentimento che il miglior pregio della vita, la maggiore soddisfazione che in essa possa provarsi, è data non dalle fortune materiali, non dagli arricchimenti, non dai gradi conseguiti, non dagli onori, ma dal produrre qualcosa di obiettivo e di universale, dal promuovere un nuovo e più alto costume, una nuova e più alta disposizione negli animi e nelle volontà, dal modificare in meglio la società in mezzo a cui si vive, godendo di quest’opera come un artista della sua pittura o della sua statua, e un poeta della sua poesia.
Così, da artista o da poeta popolare, doveva godere il buon parroco di Montagano a vedere i peccati dei suoi concittadini, convertiti per opera sua in alberi verdeggianti e in frutti saporosi! Tutto il resto, se non è mezzo che serve a questo, è odiosa ingiustizia e stolta vanità.
Benedetto Croce, Cultura e vita morale, Laterza, Bari, 1914
Ora disponibile nella ristampa di Bibliopolis
Mi sta in mente come simbolo l’aneddoto, letto in un vecchio libro, di un parroco che visse nella seconda metà del Seicento in un paesetto del Molise, Montagano. Nel quale essendo capitato, circa un secolo dopo, l’economista Giuseppe Maria Galanti, e avendo visto con meraviglia la contrada tutta coperta di alberi e di frutti della qualità più squisita, e domandando come era sorta quella rigogliosa coltivazione, seppe che quel parroco, di cui durava la memoria, Damiano Petrone, non dava altra penitenza ai peccatori che di piantar alberi, e le piantagioni erano in ragione del numero e della qualità dei peccati, e quando i peccatori si scusavano di non avere gli strumenti e gli altri mezzi necessari, egli trovava il modo di sovvenirli. Domandò altresì il Galanti se quel parroco fosse stato uomo di dottrina, e gli risposero che era ignorante, ma conosceva e osservava il Vangelo e aveva un naturale buon senso.
Ecco, come vi dicevo, un bel simbolo di quel che si può quando si vuole, e, al modo stesso che i cattivi e maliziosi sono industriosissimi e inventivi, e le pensano tutte per raggiungere i loro fini e fare il male, ci si mette con tutto noi stessi a non lasciar sfuggire occasione né perdere mezzo alcuno per far cose utili e buone, che concorrano al civile avanzamento.
Ce ne sono tante da fare, in ogni luogo e in ogni tempo… Ma, per farle, è necessario che… si diffonda o si radichi, più che finora non sia accaduto, il sentimento che il miglior pregio della vita, la maggiore soddisfazione che in essa possa provarsi, è data non dalle fortune materiali, non dagli arricchimenti, non dai gradi conseguiti, non dagli onori, ma dal produrre qualcosa di obiettivo e di universale, dal promuovere un nuovo e più alto costume, una nuova e più alta disposizione negli animi e nelle volontà, dal modificare in meglio la società in mezzo a cui si vive, godendo di quest’opera come un artista della sua pittura o della sua statua, e un poeta della sua poesia.
Così, da artista o da poeta popolare, doveva godere il buon parroco di Montagano a vedere i peccati dei suoi concittadini, convertiti per opera sua in alberi verdeggianti e in frutti saporosi! Tutto il resto, se non è mezzo che serve a questo, è odiosa ingiustizia e stolta vanità.
Benedetto Croce, Cultura e vita morale, Laterza, Bari, 1914
Ora disponibile nella ristampa di Bibliopolis
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