Che ne sai tu di un campo di grano?

Sono 22 anni che non ti vedo più, tu un padre che non era padre perché era il nonno, io un figlio che non ero figlio perché ero il nipote, eppure quella sera hai aspettato che arrivassi io, per farmi un gesto con la manona e dirmi "ciao" e poi andartene per sempre. Ti voglio immaginare nei campi di grano del cielo a fare finalmente soltanto la vita all'aria aperta che piaceva a te. Riprendo un vecchio mio pezzo che forse sono "le parole che non ti ho detto" e ricambio quel "ciao" con affetto e stima.

Eravamo nel gennaio 2003, in piena fibrillazione per una "riforma Moratti" che avrebbe chiuso gli istituti tecnici e professionali. Ora Valentina Aprea è stata messa in condizione di non nuocere (chi troppo in alto sal cade sovente…); rimane invece quello che mi ha insegnato il nonno, con il suo diploma e la sua passione per il lavoro che faceva.

Trulli House Detail, UNESCO World Heritage Site, Terra dei Trulli, Alberobello, Puglia, Italy by Walter BibikowLa mia famiglia ha origine ad Alberobello: per chi ha avuto la fortuna di visitarlo un paese da favola, patrimonio dell'umanità secondo l'UNESCO; per chi ci ha vissuto nel secolo scorso una realtà rurale e abbastanza depressa, di cui ci ha dato documentazione Tommaso Fiore, nel suo "Un popolo di formiche".
Il nonno era orfano di guerra e primo di quattro fratelli. In questi frangenti si era condannati a rimboccarsi le maniche per aiutare la famiglia e alternative non c'erano al lavoro dei campi. Chissà perché invece decise che voleva continuare a studiare. Chiese una somma in prestito ad un parente che era emigrato in America e se la passava un po' meglio (somma che avrebbe puntualmente restituito fino all'ultima lira quando incominciò a lavorare, nonostante le difficoltà economiche di una giovane famiglia con tre figli piccoli), prese la sua valigia e frequentò l'istituto tecnico agrario ad Avellino, una metropoli se confrontata con il paesello d'origine. Di sera cenava con impressionanti zuppe di pane nel latte, di giorno imparava materie per lui bellissime: tanta chimica, parlare e scrivere in italiano, e poi le materie tecniche - zootecnia, estimo agrario, enologia… - tutte svolte come si è sempre fatto negli istituti tecnici, con solide basi teoriche, ma toccando con le mani la mucca, curando veramente l'olivo infettato dalla mosca, diagnosticando sul campo la peronospera del vigneto, facendo esercitazioni pratiche su come si fanno gli innesti… E lui, che da bambino si arrampicava sugli alberi per sfuggire al lancio dello zoccolo di legno della madre che lo rincorreva per una marachella, con la stessa gioia e lo stesso senso di libertà seguiva quei corsi che gli avrebbero dato un nuovo status sociale ed avrebbero trasformato in professione le sue passioni, quasi incredulo che gli insegnanti avrebbero attribuito un voto non solo ai compiti di stechiometria, ma anche alla perizia con la quale saliva su quel mandorlo e capiva il metodo migliore per potarlo.
Finalmente il diploma ed il primo impiego. Tornato in Puglia, gli affidano la "cattedra dell'agricoltura". Si lavorava nei paesi - alla fine conosceva tutto di tutti - e quando i contadini alla sera rientravano dalla dura giornata di lavoro, lui li riuniva ed insegnava loro cose pratiche: l'innesto, la potatura, il corretto uso dei fertilizzanti e degli antiparassitari, come si tiene la contabilità, quanto è conveniente investire in un trattore. Lo chiamavano professore, un appellativo che non si è mai scrollato di dosso, e lo rispettavano perché sapevano che era rimasto uno di loro.
Stone Wall and Field of Poppies, Cisternino, Puglia, Italy by Walter BibikowQualche anno dopo la cattedra dell'agricoltura fu abolita e nonno fu inserito nell'ispettorato agrario (si sono sempre fatte le riconversioni professionali, specie a danno dei diplomati). Per fortuna non fu utilizzato in compiti da travet, ma ha potuto continuare ad esercitare le sue competenze tecniche. Sempre in missione in campagna per tutta la provincia di Bari, verificava i danni della grandine, era in tutte le stalle in occasione di un'epidemia del bestiame, cercava secondo la propria coscienza di consigliare i coltivatori perché non perdessero le provvidenze governative a loro indirizzate.
Mi ricordo l'enorme rispetto che ha avuto per i capi ufficio che si sono avvicendati. Erano dottori agronomi sempre più giovani di lui e lui era solo un perito agrario. Ma considerava normale che fosse suo dovere insegnare al dottore neo assunto come si fa a distinguere un campo di grano da un campo di orzo, né l'ha mai raccontato con l'intonazione di chi vuol sottolineare che il proprio capo è un asino. Da bambino mi sono sempre immaginato la scena di questi due signori stranamente in giacca e cravatta che camminavano tra le spighe alte conversando fitto fitto. Un modello di compresenza, di sinergia tra chi porta la teoria e chi la integra con la pratica, una coppia inscindibile, simpatica come Totò e Peppino. L'orgoglio di sapere che mio nonno è uno che le cose le capisce ed il piacere di vederlo ritornare a casa la sera con una spiga infilata dietro l'orecchio, come una volta facevano i salumieri con la matita.

Quando a mia volta ho frequentato l'industriale forse non ero ancora pienamente cosciente di quanto questo modello familiare mi fosse entrato dentro.
Mi ricordo un paio di domande ricorrenti.
A che serve mettersi la tuta blu, sporcarsi le mani di nero indelebile, farsi venire i calli con la lima per trasformare un pezzo di ferro in un perfetto parallelepipedo? Ed il mio professore di aggiustaggio mi diceva che secondo lui sarei diventato un ottimo ingegnere meccanico (forse proiettando su di me le proprie aspirazioni frustrate) ma che, sia da ingegnere che da capo reparto in fabbrica, se non sapevo cos'era la fatica fisica e quanto sia ugualmente difficile portare a termine un compito pratico o realizzarne il progetto, sarei stato esposto al poco rispetto di tutti gli operai, molto più preparati di qualsiasi perito industriale alle prime armi. E mi ricordo la nascita della coscienza politica, quasi a esorcizzare il pericolo di diventare un capo reparto "dalla parte del padrone", e la voglia di saperne di più della vita e della cultura degli operai. Quando sono entrato da insegnante nella scuola dove ero stato studente, ho avuto un grande piacere nel potere chiamare collega proprio quel professore di aggiustaggio che ricorderò per tutta la vita.
A che serve tutta questa Storia, Manzoni, Dante se noi vogliamo diventare dei tecnici? E lì mi hanno spiegato che a un ingegnere si può perdonare se sbaglia i congiuntivi, ma un diplomato non può permettersi questo lusso. Ho verificato quanto fosse vero nelle aziende presso cui ho lavorato e negli anni di compresenza con colleghi laureati. Da diplomato devi sempre dimostrare quanto vali, nessuno ti fa sconti. Ma forse è meglio così.

Prima di riuscire a vincere il concorso per l'insegnamento, che era la mia aspirazione, ho avuto l'opportunità di lavorare nell'industria informatica, a fianco di colleghi laureati, con alcuni dei quali, amici di vecchia data, ho la fortuna di insegnare oggi. La prima volta che mi sono sentito chiamare professore ero incredulo che l'appellativo fosse indirizzato a me, ma non stavo più nella pelle per la gioia, come la prima volta che mia figlia mi ha chiamato papà, ed ancora adesso vi confesso che mi fa un certo effetto, come è testimoniato da questa mia "poesia" che potete leggere qui.

Commenti

Raffaella ha detto…
Bello, emozionante questo tuo ricordo. Mi rendo conto come la nostra generazione sia fortunata, perché affonda solide radici nella memoria, in quello che i vecchi ci hanno trasmesso con la loro vita ma anche con i loro racconti, in uno scorrere del tempo che oggi è ignorato.
Raffaella
suburbia ha detto…
Adoro questi ricordi, tangibile esperienza e tradizione che si passa agli altri con il racconto individuale.
Alberobello, i campi di grano.. io sono una cittadina; da piccola credevo che le uova le confezionassero al market.
Pero' la cosa che mi ha fatto sorridere e' aggiustaggio, perche' anche io l'ho fatto. Con il grembiule e il blu di prussia. E non solo il parallelepipedo anche l'incastro a coda di rondine. Circolavano voci che il prof riuscisse con le lime a scolpire una mosca nel feror a grandezza naturale..era una leggenda.
un caro saluto

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