Ma abbiamo qualcosa da dirci?
Dicono che è in corso la terza rivoluzione industriale e che questo sta trasformando la società nella società dell'Informazione e della Comunicazione. L'esigenza di comunicare, di esprimere se stesso, risale alla notte dei tempi: i graffiti con le scene di caccia trovati nelle grotte degli uomini primitivi fino ai vari Natascia ama Luca sui muri delle aule delle nostre scuole. Una caratteristica di questo tipo di comunicazione è l'importanza che si dà al fatto che il messaggio possa essere ricevuto non solo dai nostri abituali interlocutori ma anche dal passante addirittura non contemporaneo. La scritta resta, più duratura dell'evento che l'ha determinata. Natascia ora ama Marco, quei bisonti nei pressi di Altamira si sono estinti, eppure il documento permane e sopravvive al suo stesso autore. Come quei fotoni che provengono da una stella tanto luminosa ma distante anni luce, che non sappiamo se nel frattempo si sia spenta. I mezzi di comunicazione variano con il progresso, ma sono accomunati dalla loro fragilità e inadeguatezza: continuiamo ad infilare messaggi nella bottiglia e a lanciare il nostro SaveOurSouls, un grido di invocazione e di disperata speranza che possa esistere qualcuno in un altro tempo e in un altro luogo realmente interessato a salvare le nostre anime. Come una preghiera il messaggio parte e chissà quale istradamento seguirà: ci sarà fuori dello spazio e del tempo qualcuno che veramente lo considererà importante, qualcuno a cui io interesso? Forse è qui che casca l'asino. Ce lo facciamo a brodo il grande esempio di democrazia anglosassone che uno va allo Speaker's Corner di Hyde Park e dice un po' quello che gli passa per la testa. I passanti vanno oltre, non c'è comunicazione monodirezionale né tantomeno dialogo. Qualcuno ha detto che la differenza tra la dittatura è la democrazia sta nel fatto che mentre in dittatura non è consentito di esprimere le proprie opinioni, in democrazia invece c'è piena libertà di parola, tanto nessuno dà importanza a ciò che dici. Comunicazione formale, ascolto formale: insomma una grande presa per i fondelli. Non siamo al messaggio nella bottiglia, magari: stiamo tutti insieme a Franco IV e Franco I a cantare ho scritto t'amo sulla sabbia e il vento a poco a poco se l'è portato via con sé. Insomma è un grande imbroglio: tutto il progresso tecnologico sarà utile per spedire le fatture ma comunicare davvero e realizzare una società della comunicazione è tutt'altra cosa.
Il Novecento è stato permeato da questo senso di incomunicabilità, testimoniato dai capolavori di Kafka e Pirandello, da personaggi che parlano a vuoto per due atti Aspettando Godot, da questo dialogo tra Marlon Brando e Maria Schneider in Ultimo Tango a Parigi:
Paul: Perché hai frugato nella mia giacca?
Jeanne: Per sapere qualcosa di te
Paul: Se vuoi sapere qualcosa di più fruga dentro il mio slip.
Siamo entrati nel nuovo secolo senza aver minimamente affrontato quella incomunicabilità che per di più si è acuita perché sempre più c'è un'abbondanza di trasmissione ed una carenza di vera informazione. Per non parlare di tutti quei dialoghi tra sordi quando chi riceve il messaggio non possiede la chiave per decodificarlo correttamente. Questo comporta quella paradossale solitudine che si prova quando ti trovi in compagnia di tante di persone allo stadio, alla festa patronale, in famiglia a Natale, nella coppia, che dici (e ti ribelli nel dirlo) ma come cavolo è che c'è un sacco di bella gente e mi sento lo stesso solo?
Sulla psicologia di chi si mette a scrivere e a sputtanare i propri pensieri su Internet con queste premesse, sulla fenomenologia del blogger, ci sarebbe da approfondire. Che tipo di soggetti sono, compresi i presenti? Introversi o estroversi? Timidi o esibizionisti? Riservati o sfacciati? Ce ne sarebbe per una bella tesi in sociologia.
Ho messo in neretto alcune parole chiave ma unendo i puntini non ho la più pallida idea di che cosa apparirà.
Se è una presa d'atto che questi problemi esistono e ci condizionano, va anche bene una frase tipo "Io e te non abbiamo più nulla da dirci". Però mentre la pronunzi ti prego domandati se hai mai provato a comunicare veramente con qualcuno e se in realtà ti interessa provare a stupirti per quello che sono e per quello che sei, per un momento non pensando se questa o quella cosa di me mi torna comoda o utile. Comunicare davvero è già un casino, ma ci sono volte che ci mettiamo d'impegno perché il miracolo non riesca.
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