Lettera a Pipetta

Don Lorenzo Milani
Caro Pipetta,

ogni volta che ci incontriamo tu mi dici che se tutti i preti fossero come me, allora…
Lo dici perché tra noi due ci siamo sempre intesi anche se te della scomunica te ne freghi e se dei miei fratelli preti ne faresti volentieri polpette. Tu dici che ci siamo intesi perché t'ho dato ragione mille volte in mille tue ragioni.
Ma dimmi Pipetta, m'hai inteso davvero?
È un caso, sai, che tu mi trovi a lottare con te contro i signori. San Paolo non faceva così.
E quel caso è stato quel 18 aprile che ha sconfitto insieme ai tuoi torti anche le tue ragioni. È solo perché ho avuto la disgrazia di vincere che…
Mi piego, Pipetta, a soffrire con te delle ingiustizie. Ma credi, mi piego con ripugnanza. Lascia che te lo dica a te solo. Che me ne sarebbe importato a me della tua miseria?
Se vincevi te, credimi Pipetta, io non sarei più stato dalla tua. Ti manca il pane? Che vuoi che me ne importasse a me, quando avevo la coscienza pulita di non averne più di te, che vuoi che me ne importasse a me che vorrei parlarti solo di quell'altro Pane che tu dal giorno che tornasti da prigioniero e venisti colla tua mamma a prenderlo non m'hai più chiesto.
Pipetta, tutto passa. Per chi muore piagato sull'uscio dei ricchi, di là c'è il Pane di Dio.
È solo questo che il mio Signore m'aveva detto di dirti. È la storia che mi s'è buttata contro, è il 18 aprile che ha guastato tutto, è stato il vincere la mia grande sconfitta.
Ora che il ricco t'ha vinto col mio aiuto mi tocca dirti che hai ragione, mi tocca scendere accanto a te a combattere il ricco.
Ma non me lo dire per questo, Pipetta, ch'io sono l'unico prete a posto. Tu credi di farmi piacere. E invece strofini sale sulla mia ferita.
E se la storia non mi si fosse buttata contro, se il 18… non m'avresti mai veduto scendere là in basso, a combattere i ricchi.
Hai ragione, sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero a aver ragione.
Anche quando avrai il torto di impugnare le armi ti darò ragione.
Ma come è poca parola questa che tu m'hai fatto dire. Come è poco capace di aprirti il Paradiso questa frase giusta che tu m'hai fatto dire. Pipetta, fratello, quando per ogni tua miseria io patirò due miserie, quando per ogni tua sconfitta io patirò due sconfitte, Pipetta quel giorno, lascia che te lo dica subito, io non ti dirò più come dico ora: «Hai ragione». Quel giorno finalmente potrò riaprire la bocca all'unico grido di vittoria degno d'un sacerdote di Cristo: «Pipetta hai torto. Beati i poveri perché il Regno dei Cieli è loro».
Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò.
Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso.

(Don Lorenzo Milani, 1950)

Sollecitato dal commento di Paola, sono costretto ad aggiungere il tag "esternazioni" a questo post.

Don Camillo e Peppone erano su un registro diverso (ho amato molto le versioni cinematografiche, soprattutto per merito di quei due giganti che erano Fernandel e, soprattutto, Gino Cervi) e poi Giovannino Guareschi fu uno degli ispiratori della campagna elettorale democristiana del 1948.

È attuale il prete? Beh, Don Milani scontò in vita il prezzo di non essere considerato attuale perché non ci si accorgeva che era avanti rispetto alla sua epoca, ed ora rischia di essere relegato in un cassetto come un idealista sorpassato. Penso che le persone veramente grandi non siano mai "attuali", "di moda", perché con quello che chiamiamo spirito profetico manifestano un disagio tra sé e la società in cui vivono, pur continuando a sporcarsi le mani con quel contesto con il quale sono in conflitto e di cui si fanno coscienza critica.

Attuale il giovane comunista ancor meno. Occuparsi del "bene comune", occuparsi di qualcosa che non sia solo se stessi e la piccola cerchia dei miei familiari e conoscenti (in qualunque parrocchia, laica o religiosa) non è più tanto attuale ed il motto di Don Milani "I care" è sempre più sostituito nella pratica quotidiana dal fascistissimo "Me ne frego". Non bisogna però generalizzare con luoghi comuni su "i giovani d'oggi" e bisogna ammettere che la nostra generazione di genitori ed educatori ha le sue responsabilità nell'aver disperso il patrimonio dei grandi stimoli che abbiamo vissuto in gioventù e di non averlo saputo trasmettere ai giovani attuali. Il fatto che non siamo stati portatori di valori, a parte il ventre e la pagnotta, è dimostrato a parer mio dalla constatazione che i giovani attuali per la prima volta non contestano la generazione dei padri, per il semplice motivo che di fronte al poco o al nulla c'è poco o nulla da contestare. Eppure anche questi, come i ragazzi di Don Milani, cercano un fine e purtroppo sanno che difficilmente lo troveranno dialogando con noi.

Cercasi un fine. Bisogna che il fine sia onesto. Grande. Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questo secolo come lei vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola? Siamo sovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte.


continua…

Commenti

suburbia ha detto…
Un vero pezzo di storia questa lettera a un giovane comunista.
Un Don Camillo d'altri tempi. Ma e' ancora attuale il modello del giovane , e perche' no, anche del sacerdote?
ciao

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