Senza fare nomi



Il country del cavaliere nano by Kids Revolution

Per chi è insorto contro il linguaggio escrementizio, gli dedichiamo un brano della fiaba di Lavinia, la bambina che poteva traformare tutte le cose in cacca.

Erano le tre del mattino del giorno di Natale a Milano.
Il portiere notturno dell'albergo più elegante della città, l'Excelsior Extralusso, sonnecchiava tenendo d'occhio svogliatamente la lucida Rolls Royce posteggiata davanti all'ingresso a disposizione dei clienti.
Nell'atrio dell'albergo c'era stato un po' di movimento fino a circa mezz'ora prima, quando gli ultimi nottambuli erano rientrati dai cenoni della vigilia. Ora tutto era deserto e silenzioso. Fuori, nella strada, cadeva la neve e sul tetto della Rolls Royce si era formato uno strato soffice e bianchissimo. Camminando leggera su questo tappeto bianco, una bambina apparve al portiere notturno. Sfregandosi gli occhi l'uomo, che si chiamava Eleuterio Migliavacca, osservò che i piedini della bambina quasi non lasciavano traccia sulla neve.
Era una strana creatura, osservò. Indossava un paio di bellissimi stivaletti celesti e un cappotto di pelliccia col cappuccio tirato sulla fronte a nascondere quasi completamente un elegante berretto a maglia. Dall'orlo della pelliccia sbucavano un paio di pantaloni alla zuava di puro Shetland inglese - il portiere di notte questi abiti di lusso li riconosceva al primo sguardo - e attorno al collo si attorcigliava due o tre volte una sciarpa colorata all'ultima moda.
Una bambina ricca, senza dubbio. Ma perché mai non si era lavata la faccia prima di uscire? E i capelli? Quei capelli lunghi e ricciuti erano arruffati in modo inverosimile, pieni di grumi e di sudiciume, tanto che non si capiva di che colore fossero.
La bambina si avvicinò alla porta di vetro dell'hotel. Poggiò una mano sulla maniglia, ed Eleuterio Migliavacca vide che le mani erano ancora più sporche della faccia, con le unghie listate di nero e le dita rosse e screpolate dai geloni…
"È di quelle che perdono sempre i guanti - pensò l'uomo indulgente -. Forse ha avuto un incidente stradale. Forse ha perduto i genitori o la governante. Probabilmente mi chiederà di telefonare".
Non gli passò neppure per la mente di cacciarla trattandola da stracciona, perché gli abiti che la piccola sconosciuta indossava non erano stracci e chi si può permettere degli indumenti così costosi, può permettersi anche la stravaganza di lavarsi poco… "Questi ricchi originali! - sospirò il portiere di notte Guarda un po' come mandano in giro i loro figli!"
Si alzò rispettoso e mosse incontro alla bambina "Vuoi telefonare direttamente a casa? - le chiese sollecito -, o preferisci che avvisiamo la polizia femminile?"
"Niente affatto - rispose tranquilla la bambina -. Vorrei una camera. La camera più bella che c'è in questo albergo".

Il portiere allungò il collo, sotto la neve, per scrutare in fondo alla strada, a destra e a sinistra, se per caso non stessero arrivando i genitori della bambina. Ma la strada era deserta. "Dove guardi? Non c'è nessuno. Sono sola" - disse Lavinia. Era lei, infatti rivestita a nuovo dopo un'avventura simile a quella vissuta per procurarsi le scarpe.
"Non possiamo ospitare bambini soli - disse il portiere - ma forse per questa volta farò un'eccezione. Guarda, lo faccio per te e perché oggi è Natale".
"Grazie. A proposito, tanti auguri!" - disse dolcemente Lavinia.
"Tanti auguri a te. Allora, lo sai quanto costa una camera in questo albergo? Probabilmente sì. Ci sarai stata altre volte con i tuoi…".
Sicuramente no - rispose Lavinia -. Non ci ho mai messo piede prima d'ora E non mi importa niente di quanto costa una camera. Tanto non ho un soldo in tasca per pagarla".
"Non potremmo accettare assegni da una bambina. Ma forse anche in questo caso farò un'eccezione - disse il portiere -. Vuoi essere così gentile da mostrarmi un tuo documento?"
"Un… cosa?"
"Una carta d'identità, un passaporto… Qualcosa dove ci sia scritto il tuo nome".
Lavinia sbottonò la pelliccia, sbottonò i pantaloni alla zuava, e sotto lo sguardo allibito del portiere si frugò nelle mutande, dove aveva l'abitudine di conservare un piccolo notes e una matita.
Prima di quella notte miracolosa, le mutande erano state l'unico suo indumento senza strappi e buchi, e quindi ci teneva al sicuro i suoi tesori.
Con difficoltà, tracciò con la matita alcune lettere su un foglio del notes, lo strappò e lo tese al portiere.
"E questo cosa sarebbe?" chiese Eleuterio Migliavacca.
"Non sai leggere? - rispose la bambina - È qualcosa con su scritto il mio nome".
Infatti sul pezzetto di carta sporco e spiegazzato c'era scritto:

LAVINIA.

"Ma non basta tesoro mio! disse l'uomo divertito - Ci vuole un documento ufficiale". E intanto pensava: "Questi bambini!" Anche lui ne aveva sette a casa, il maggiore dei quali era il suo orgoglio e la sua consolazione.
Senti un po'; - disse Lavinia spazientita - le scarpe le ho prese senza pagare. I vestiti pure me li hanno dati senza chiedermi nessun documento. Perché invece tu mi devi fare tante storie?"
L'uomo cominciò a guardarla con diffidenza. Senza pagare? Si trattava forse di una ladra? Allora la questione cambiava aspetto, e di molto…
"Dunque questi vestiti non sono tuoi…" - cominciò in tono d'accusa.
"Adesso sono miei" - rispose Lavinia.
"Ma prima?"
"O bella. Prima erano del negoziante. Mica sono nata con i vestiti addosso. E i tuoi, non li hai forse presi da un negozio?"
"Sì, ma li ho pagati!"
"Io no. Me li hanno dati e basta".
"Te li hanno regalati vorrai dire".
"Diciamo che me li hanno regalati… in cambio di un piccolo favore".
"Senti bambina, non farmi perdere tempo. Io non ho bisogno di nessun favore e non ti posso dare una camera per niente".
"Ah, no?" - chiese Lavinia. Sollevò la testa e fissò i due grandi lampadari di cristallo che pendevano al centro del salone. Intanto teneva le mani allacciate dietro la schiena.
Il portiere di notte seguì il suo sguardo e si aggrappò al bordo del banco pensando: "Forse ho bevuto troppo spumante a casa prima di prendere servizio".
Infatti gli sembrava che i lampadari tremolassero, cambiassero colore… In un attimo li vide diventare marroni, mollicci, ondeggiare sulla catena che li sosteneva, staccarsi come un frutto troppo maturo e, splash! cadere spiaccicandosi sul bel tappeto persiano.
Contemporaneamente un inconfondibile puzzo di cacca fresca si diffuse in tutto il salone.
"Adesso hai bisogno anche tu di un favore" - disse Lavinia allontanandosi con aria schizzinosa verso la colonna degli ascensori.
"Ma… ma… - balbettava il povero Eleuterio esterrefatto cosa è successo? Oh, Dio! Come farò a pulire prima che si svegli il Direttore?"
"Attento a non metterci i piedi dentro" - lo ammoni Lavinia vedendolo precipitarsi fuori dal banco per andare a prendere stracci, acqua e scope…
Lo lasciò entrare nello sgabuzzino, poi girò al contrario l'anello.
Quando Eleuterio tornò tutto affannato, i due lampadari pendevano scintillanti in alto, contro il soffitto pieno di stucchi.
"Visto? - disse la bambina al portiere, che si era fermato come colpito da un fulmine -, poco fa anche tu avevi bisogno di un favore, ed io te l'ho fatto. Adesso mi dai la chiave della più bella camera che c'è in questo albergo?"
"Guarda la chiave io te la do. Ma domani dovrai fare i conti col Direttore, e credo che lui non te la lascerà passare tanto liscia…".

Bianca Pitzorno - L'incredibile storia di Lavinia

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