Espresso notte

BARI-MILANO espresso notte 784.
12 ore con i disperati in fuga.

Sono reduce da un viaggio di 12 ore sul Reggio Calabria- Milano, nella notte dello sciopero generale. Ho visto scene tristi, molto tristi, ma ho anche apprezzato il comportamento dei poliziotti, del capotreno e dei controllori. Molto meno degli addetti alla sicurezza aziendale, ma, del resto, non si può far passare il messaggio che si può viaggiare gratis e senza alcun controllo, forse erano discutibili i modi, non le ragioni, ma si sa, in certi momenti è difficile mantenere il controllo della situazione.

Arrivo alla stazione alle 22,45 giusto in tempo per scoprire, con logico disappunto, che già registrava un'ora di ritardo sul tabellone. Sconfortata vado al binario, tornare a casa non valeva la pena. Appena arrivata percepisco una situzione anomala. nonostante sia l'unico treno garantito (è già iniziato lo sciopero generale) non c'è molta gente ad aspettare, solo qualche famiglia e qualche altro disperato come me che vuole partire a tutti i costi. Vedo, però, in lontananza piccoli gruppetti di extracomunitari. Vabbè, me l'aspettavo, era prevedibile. Verso le 24, finalmente, l'annuncio dell'arrivo del treno. In un attimo ci vediamo spuntare decine e decine di ragazzi, tutti giovanissimi, che prendono d'assalto il treno, non abbiamo capito dove fossero nascosti. Contemporaneamente vedo arrivare poliziotti e militari che si mettono di guardia agli ingressi dei vagoni. Restano immobili, non capisco cosa vogliano fare ma capisco subito che loro non vorrebbero fare proprio niente. Arrivano diversi addetti della sicurezza aziendale che salgono minacciosi e iniziano a gridare e a farli scendere di forza. Nessuno di loro ha il biglietto, è giusto che li si faccia scendere, ma il cuore mi dice che non è così. Pazienza, a noi viene impedito dai militari di salire perchè bisogna ristabilire l'ordine, vorrei dire qualcosa, ma non avrebbe senso. Nessuno, in quel momento, sta facendo qualcosa di sbagliato che vada contro regole e buonsenso. Solo i toni e le voci degli addetti alla sicurezza… ma forse non sanno neanche loro come affrontare queste situazioni, sono tanti, tutti insieme. Forse anche loro hanno paura che ci possano essere delle reazioni… io ce l'ho.

Brutte scene, ma tanta umanità da parte delle forze dell'ordine e dei soldati mandati a supporto… non posso dire altrettanto dei passeggeri intolleranti e spocchiosi.

Non è stato un viaggio semplice, lo ammetto. Non si è chiuso occhio perchè l'istinto portava a non fidarsi, inevitabile, troppi e tutti insieme per non temere che ci fosse qualche infiltrato poco raccomandabile. Un tappeto umano lungo tutto il treno, scompartimenti presi d'assalto, odore terribile. Uniche ragazze sul vagone dove sono capitata, io e un'altra che si è seduta con me, poi. Le uniche due che erano nel gruppone di disperati, due scricciole con la faccia impaurita, non erano sole, ma impaurite sì. Abbiamo dato loro le salviette umidificate e l'amuchina istantanea che avevamo a disposizione, non avevano avuto la possibilità di lavarsi. La scena più commovente, quando alle 5 del mattino, circa, io sono dovuta andare in bagno, non ce la facevo più. Avevo la nausea alla sola idea di dover entrare in quei bagni che già normalmente sono improponibili. Un'impresa arrivarci,dormivano anche stesi nel corridoio, ce l'ho fatta… vengo bloccata dai ragazzi che dormivano sull'ingresso del bagno. Mi fanno aspettare, non capisco il perchè. La porta si apre e vedo uno di loro che sta uscendo. Mi fa segno anche lui di aspettare. Si fa dare dagli altri della carta e inizia a pulire. Non ci posso credere, mi hanno pulito il bagno prima che entrassi. Non sono basita perchè loro sono extracomunitari, ma perchè nessun uomo italiano lo avrebbe fatto. Rintronata, entro nel bagno e riesco solo a pensare che non sono mai entrata in un bagno così pulito su quel maledetto treno. Quando torno, l'altra ragazza che è con me nello scompartimento mi chiede, con espressione quasi disgustata, se ero riuscita ad entrare nel bagno e se era agibile. Le dico di andare, sorridendo. Non mi crede, pensa che la stia prendendo in giro. Insisto. Torna e mi guarda interdetta. mi limito a dirle che l'hanno pulito loro. Si siede e non parliamo più.

Il mio pianto si è sfogato quando sono scesa a Milano. Scendiamo tutti di corsa, abbiamo bisogno di ossigeno. Quasi tutti felici. All'improvviso vedo che tornano tutti indietro, alcuni correndo. Sento delle urla di disperazione. Li hanno dovuti bloccare tutti, lo hanno fatto con gentilezza, ma li dovevano identificare. Le due ragazze erano disperate, i compagni avevano l'espressione distrutta. Camminando ho visto che qualcuno di loro, di quelli che erano sul mio vagone, era riuscito ad eludere il blocco, sono stata contenta, ma la considerazione è stata inevitabile e scontata: non si può andare avanti in questo modo. Come ha detto uno dei poliziotti alla stazione di Bari, supportato poco dopo dal capotreno, ad uno degli odiosi passeggeri, orgoglioso di dire al mondo che, nonostante il suo essere meridionale, avrebbe votato lega perchè gli italiani non devono sopportare questi disagi e che, negli altri Paesi fanno bene a rimandarli indietro, "per fortuna noi non siamo come gli altri Paesi, cosa dovremmo fare secondo lei, sparare? Santo Dio, sono persone, non bestie! Qualcosa la dobbiamo fare, è anche una questione di ordine pubblico, ma siamo italiani e non dobbiamo sparare o farli affondare". Nel frattempo, controllori e capotreno cercavano in tutti i modi di fare i biglietti a chi aveva soldi, per giustificare in qualche modo ai pitbull della sicurezza aziendale la loro permanenza sul treno. Per fortuna anche questa è l'Italia. C'è ancora qualcuno capace di essere una "brava persona", di mettere in gioco il cuore, anche se nascosto da una divisa.

Non sono brava a scrivere, posso solo dire che le sensazioni sono state forti, lo sconforto tanto e che trovo doveroso dire, anche se non li rivedrò mai più, un "bravi" alle persone che avevano, loro malgrado, il dovere di mantenere l'ordine, perchè un ordine, soprattutto nella disperazione, è necessario. Ma soprattutto, il mio pensiero è per quei ragazzi che ho visto restare bloccati in stazione e quelli che ho visto uscire di corsa dalla stessa stazione che mi hanno pulito il bagno e che hanno fatto in tempo a dirmi ciao con la mano, anche se scappavano.

Monica Caputi



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